Quanto bene può fare un bene? L’associazione Caritas racconta la storia del primo bene confiscato a Vigevano

La Caritas, associazione ecclesiastica presente sul territorio vigevanese da decenni, lavora da circa tre anni insieme a Libera allo scopo di progettare percorsi di legalità e di formazione antimafia. Caritas gestisce una struttura che fu il primo bene confiscato alla mafia in Lombardia.

Questa struttura, conosciuta in città come “Bar Giada”, fu confiscata al clan Valle a seguito dell’applicazione della legge 109/1996. Quando divenne proprietà pubblica, vi fu una grande mobilitazione popolare, al fine di restituire alla città beni che in definitiva le appartenevano, modificando la loro destinazione finale.

Il bene confiscato inizialmente fu affidato al Servizio Francescano con lo scopo di dare accoglienza alle persone bisognose. Alla fine degli anni ’90 Caritas cominciò a gestirlo, adibendolo a Casa di Seconda Accoglienza (Casa Samuele) per immigrati regolari di sesso maschile con lo scopo di dar loro una sistemazione abitativa, aiutandoli a fare un percorso di inserimento sociale, risparmio economico, ricongiungimento familiare per poter un giorno avere una propria abitazione, un proprio lavoro, una vita indipendente.

Oggi Casa Joseph, così è denominata attualmente la struttura, si compone di due realtà: un dormitorio, funzionante la notte per i senza tetto, e una comunità di seconda accoglienza, operante come la già citata Casa Samuele. A gestire la struttura vi sono due figure: l’operatore Caritas e quattro custodi. Questi ultimi si occupano dell’apertura e chiusura della casa, di un eventuale aiuto durante la notte e di un servizio di accompagnamento e condivisione del tempo con gli ospiti.

Una novità prevista per gennaio 2016 sarà l’apertura di una nuova struttura destinata all’ospitalità esclusiva di donne con figli minori in una proprietà posta fuori Vigevano.

Gli ospiti della struttura da noi visitata, inizialmente erano solo stranieri, oggi invece possono essere anche italiani dipendenti da droga e alcool, cittadini adulti difficilmente ricollocabili nel mondo del lavoro, e a volte anche ragazzi da poco maggiorenni con problemi familiari o sociali. Oggi pertanto esiste un ampio ventaglio di ospitalità: si va dai ragazzi di 18 anni agli adulti di 74-75 anni, sia stranieri sia italiani, la cui percentuale è ormai equivalente. Queste persone sono soggette ad un’ospitalità di lungo periodo (circa un anno, prorogabile) e possono usufruire inoltre del dormitorio.

Mettendo a disposizione questa struttura, l’associazione Caritas offre la possibilità ai bisognosi di un progressivo inserimento sociale, economico, familiare ed eventualmente lavorativo.

La struttura presenta orari e regole ben precise, ad esempio sono organizzati dagli ospiti turni in cucina, perché la cena viene considerata un momento importante di confronto e di conoscenza. Quindi anche il riutilizzo in senso sociale dei beni confiscati si fonda sulla presenza di regole che permettono la civile convivenza, favorendo il confronto, il dialogo, la conoscenza reciproca, l’arricchimento personale e la crescita, in definitiva, di tutta la collettività.

Si può dire davvero che un bene, confiscato e riutilizzato socialmente, può creare bene per i singoli e per tutta la città.

Articolo a cura di Borghi Valeria, Tlili Jihen Sara, Mangano Valentina.

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