Sofferenza, estorsione, coraggio. La storia di Maria Grazia Trotti.

 

Maria Grazia Trotti è una delle donne che avuto il coraggio di dire no alla mafia. La sua storia inizia alla fine del 1990. Essa ha un’oreficeria nel centro di Vigevano che fino a quel momento era riuscita a portare avanti senza problemi. In un momento di fragilità economica decide di rivolgersi a un amico, il quale consiglia lei un’ulteriore persona: quest’uomo le concede un finanziamento e il mese successivo, la signora Trotti, sentendosi  bussare la porta del  negozio, non si sarebbe mai aspettata che quella persona, così apparentemente in buona fede, che le prestò i soldi era lo stesso mafioso che in quel momento le stava chiedendo il pizzo.

Per più di un anno sono andate avanti le richieste d’interessi a tassi esorbitanti sul quel prestito, fino a quando un pensiero si fissò nella mente della donna, il pensiero di dire di no e denunciare quegli individui. E fu così che nel gennaio del 1992 Maria Grazia, dopo l’ennesima richiesta onerosa, decise di denunciare i suoi aguzzini.

L’amore che avevo e che ancora ho nei confronti di mio figlio mi ha spinto a dire no alla mafia.

Quando ci si oppone, si viene minacciati, perché la mafia non vuole un’opposizione, ma una tacita e sofferente sottomissione. Funziona così, e per mandare avanti il meccanismo ci sono bastardi disposti a tutto. Il coraggio necessario ad affrontare la famiglia Valle, la cosca mafiosa responsabile delle pene della donna, è arrivato dal suo tanto amato figlio Gabriele.
Una mattina del ’92 il solito usuraio si presentò nel negozio di Maria Grazia a riscuotere la parte che egli pensava gli spettasse, ma in un turbine di follia e senso civico la signora Trotti ebbe il coraggio di dire no.
A quel rifiuto il mafioso le rispose di stare attenta, perché suo figlio lui glielo ammazzava come un cane.
Per combattere la paura ci voleva coraggio, per non stare al gioco mafioso serviva determinazione, per affrontarlo astuzia. Gabriele diede la forza alla madre di compiere tutti i passi necessari per contrastare quella mostruosa situazione.

Tutto ciò è stato molto difficile, ed ho passato molti momenti duri. Non solo perché temevo per la mia vita e quella dei miei cari, ma anche perché eravamo economicamente distrutti.  Avevo perso tutto e perfino la società civile mi allontanava.”

Maria Grazia si sentiva intrappolata in una vita non sua, senza una via d’uscita. La sua realtà era quella della perseguitata dalla mafia, il suo volto e le sue testimonianze erano sui giornali, ciò che succedeva e non sulla bocca di tutti. Maria Grazia aveva perso la sua attività e suo figlio Gabriele girava scortato. Ma è quando non si vede nient’altro che il buio che si ha la forza per trovare dentro se stessi la luce per andare avanti. Così la sig. Trotti, con il grande aiuto della sua famiglia, si rimboccò le maniche e contrastò questi giorni neri con una lucidità e una voglia di andare avanti e ritornare a vivere che in pochi riescono a riottenere dopo esperienze deterioranti di questo tipo.

Dato che l’usura agli inizi degli anni ’90 non era un reato grave e comportava una pena bassa, la Trotti programmò con la polizia vigevanese un blitz per incastrare i suoi usurai, in modo che i Valle venissero accusati del reato di estorsione. Il telefono dell’oreficeria fu sottoposto a intercettazione per un paio di settimane e, al momento opportuno, degli agenti si nascosero in negozio. Quando l’estorsore arrivò per ritirare il pizzo, scattarono le manette.
L’operazione portò a un totale di sette arresti, ovvero l’intera famiglia Valle.
Ma la storia non finisce qui: la mattina dell’udienza che portò alla condanna a nove anni dell’intera famiglia mafiosa, Maria Grazia ricevette una telefonata dall’avvocato degli imputati con la richiesta di ritrattare. La sua testimonianza, unita ad altre varie deposizioni e accuse, aggravava la posizione processuale dei Valle, che rischiavano di prendere numerosi anni di carcere. Proprio ciò che serviva in quel momento.

O ti ridanno tutto ciò che ti hanno tolto, oppure non togli le accuse” fu il consiglio che le diede suo figlio prima di essere trovato morto in un misterioso incidente stradale, la mattina stessa della telefonata dell’avvocato dei Valle.

“Nonostante l’angoscia, io so che lui non avrebbe voluto ch’io tenessi un altro comportamento.”

Maria Grazia Trotti ora, dopo più di vent’anni dall’accaduto, è impegnata attivamente nella lotta alla mafia, con l’aiuto di numerose associazioni (come Libera) e offre consulenza a chiunque abbia problemi di questo tipo. È una donna forte, risorta dalle sue ceneri, che combatte ancora e combatterà fino a quando avrà la forza e la determinazione per farlo.
Maria Grazia Trotti non è soltanto una donna coraggiosa, una persona che ha avuto il coraggio di ribellarsi alla mafia, è anche un simbolo di speranza per tutti quelli che ora vogliono dire no ai propri aguzzini, ai propri carnefici, ai propri demoni.

A cura di Marco Pozzati.

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