Giustizia 1 – illegalità 0

Una maxi retata nella notte tra mercoledì 6 e la mattinata di giovedì 7 luglio che si è conclusa con dieci custodie cautelari in carcere, undici arresti domiciliari, tre obblighi di dimora e 56 denunce, nella vasta zona che comprende oltre a Vigevano anche Gambolò, Garlasco, Gravellona e Alagna.
Gli arresti sono avvenuti quasi in contemporanea e si sono conclusi con una lunga parata da parte di decine di auto dei carabinieri che transitavano da via del Popolo fino in piazza Ducale e poi giù, nelle zone centrali della città, a sirene spiegate sotto lo sguardo dei cittadini attoniti, celebrando il giusto trionfo dei vincitori della battaglia.
Si tratta di un blitz con pochi precedenti nella nostra zona, che ha coinvolto 160 carabinieri e che ha sgominato un’organizzazione potente e radicata a Vigevano e nell’area circostante, finalizzata al traffico di armi, alle estorsioni, allo spaccio e, soprattutto, al controllo totale del territorio. L’elenco dei fermati, nomi a cui si è risaliti dopo quasi due anni di indagini, comprende sia uomini “navigati” e già noti nei verbali, nelle cronache e nelle indiscrezioni cittadine, sia ragazzi di meno di 30 anni, nuove leve di una criminalità che, da esasperato bullismo di quartiere, mirava a diventare qualcosa di più serio ed importante. Una prepotenza che andava dall’autocelebrazione grottesca, come quella di pubblicare un video musicale su internet per esaltare le loro gesta e la loro baldanza, agli atti dimostrativi tremendamente seri come gli incendi delle auto di chiunque (onesto o meno) si frapponesse sul loro cammino, le intimidazioni pistola in mano ed anche, a volte, attentati veri e propri. Non a caso nelle abitazioni di molti degli arrestati sono stati trovati veri e propri arsenali di armi di ogni tipo, frutto di rapine nei mesi scorsi, nonché diversi chilogrammi di hashish e cocaina, il classico “commercio” con cui, storicamente, la criminalità ha sempre investito i primi proventi diventando, da ricca, ricchissima. La loro ambizione era tale da parlare, in molte intercettazioni, di un vero e proprio piano velleitario di assalto alla caserma, i cui legittimi occupanti (i carabinieri) erano definiti “i cani”, i nemici pubblici numero uno da sconfiggere nel loro mondo alla rovescia.
L’obiettivo era dunque il controllo della città e, più in generale, del territorio, con la violenza ed i tentativi di infiltrarsi nella pubblica amministrazione, nelle reti commerciali e nelle imprese: in un caso un PM ha addirittura aperto un’inchiesta su un imprenditore, Bruno Marasco, vicepresidente di una cooperativa vigevanese che si è ucciso il 4 giugno 2015 dopo una lunga serie di intimidazioni ed attentati da parte di uno degli arrestati, che secondo le accuse mirava a prendere il suo posto nell’azienda.
Si tratta senza dubbio di una pagina buia ed oscura della storia della città e di buona parte della Lomellina, dato che gli affari e la provenienza di molte delle persone coinvolte trascendono i confini del comune di Vigevano per espandersi nei paesi circostanti, probabilmente in anonime villette di strade residenziali. Non sono coinvolti immigrati, non sono coinvolti stranieri, ma persone nate e cresciute da noi, in molti casi ex compagni di scuola, vicini di casa o conoscenti a vario titolo, che anzi la criminalità romena o albanese l’avrebbero relegata in un angolo. “Vigevano come Gomorra”, sussurrava qualcuno. E questa volta sembrerebbe davvero così.

Tratto dall’informatore Lomellino di mercoledì 13 luglio.

Lascia un commento